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La Passione di Cristo nelle opere di Caravaggio

Michelangelo Merisi da Caravaggio, genio dal temperamento violento e stravagante e dalle tormentate vicende biografiche, è senza dubbio uno degli artisti più conosciuti e amati. Ha inaugurato un modo rivoluzionario di dipingere raffigurando la realtà senza alcuna idealizzazione; ha sperimentato, nelle sue composizioni, un inedito utilizzo di una luce drammatica, dagli accesi contrasti chiaroscurali e dalle forti valenze simboliche. Fra i tanti capolavori che caratterizzano la sua produzione, ho scelto dei dipinti che hanno come soggetto alcuni momenti della Passione di Cristo: "La Cattura nell'orto", "La Flagellazione" e "La Deposizione". Nella Cattura di Cristo, realizzata nel 1602 per la famiglia Mattei e oggi conservata alla National Gallery di Dublino, è raffigurato il momento concitato in cui Giuda, baciando Cristo, ne permette la cattura. E' una delle composizioni più teatrali e dinamiche, che culmina nella concitata figura dell'apostolo a sinistra. I due splendidi volti accostati di Giuda e di Cristo, dal forte realismo, sembrano incorniciati dal drappo rosso sopra le loro teste. Il braccio del soldato, con l'armatura metallica dai forti bagliori, afferra prepotentemente Cristo le cui mani giunte indicano rassegnazione. Sulla destra, nell'uomo che alza la lanterna, è riconoscibile l'autoritratto di Caravaggio. Con l'immaginazione, ci spostiamo idealmente a Napoli, al

Epifania: arte, storia, religione

Il 6 gennaio, giorno dell'Epifania, si ricorda l'arrivo dei Re Magi a Betlemme e la loro Adorazione di Gesù Bambino. Il termine Epifania deriva dalla lingua greca e indica la manifestazione visiva del divino, del soprannaturale. Nella religione cristiana essa, nell'omaggio reso dai Magi al Bambino, è il simbolo della prima manifestazione di Cristo all'Umanità. Ma chi erano i Magi? Nei popoli orientali, in particolare nella religione persiana, i Magi erano sacerdoti depositari del sapere teologico e scientifico, astrologi e indovini. Fra le fonti cristiane canoniche, è solo il Vangelo di Matteo che li cita, descrivendoli come saggi venuti dall'Oriente a cercare il re dei Giudei. Guidati da una stella, lo riconobbero e gli offrirono tre doni: oro, simbolo di regalità e potere; incenso come segno di divinità; e mirra, usata nel culto dei morti e dunque in riferimento al futuro sacrificio di Cristo. In relazione ai doni portati, il numero dei Magi, non specificato dal Vangelo, venne fissato a tre, e solo successivamente fu aggiunto anche l'appellativo di "re". Il forte simbolismo legato a questo numero farà sì che i tre Magi rappresentino sovente le tre parti del mondo conosciuto - motivo per cui uno di essi ha i

La Natività nell’arte

La raffigurazione della Natività di Cristo è, molto probabilmente, uno dei soggetti più rappresentati nell'arte di tutti i secoli. L'immagine della venuta al mondo di Gesù è fra le più coinvolgenti testimonianza del messaggio cristiano della salvezza dell'umanità tramite il mistero dell'incarnazione divina. Nell'impossibilità di ricordare tutte le innumerevoli scene che, fin dai primi secoli del cristianesimo, sono state ispirate da questo soggetto, proveremo comunque a delineare un percorso sintetico, ripercorrendo gli esempi più significativi e le diverse interpretazioni iconografiche. Secondo le attuali conoscenze, la più antica scena di Natività si trova a Roma, nelle Catacombe di Priscilla lungo la via Salaria, e risalirebbe al III secolo. Raffigura la Vergine con in braccio il Bambino e accanto un uomo, probabilmente un profeta, che indica una stella. E' però a partire dal V secolo che si canonizza la rappresentazione della Natività, in seguito al Concilio di Efeso del 431, in cui si proclama il dogma della divina maternità di Maria. Dalle descrizioni fornite dalle fonti, fra cui i Vangeli di San Luca e San Matteo e i Vangeli apocrifi, si delineano progressivamente figure e ambientazioni, spesso dal valore simbolico. San Giuseppe è raffigurato talvolta inginocchiato talvolta in disparte, accovacciato mentre dorme,

Santa Lucia nella storia e nell’arte

Il 13 dicembre, santa Lucia, secondo l'antico proverbio è il giorno più corto che ci sia. La memoria della giovane martire di Siracusa, morta nel 304, viene così associata a questo giorno particolare in cui, secondo il calendario giuliano - sostituito con quello gregoriano alla fine del 1500 -cadeva il solstizio d'inverno. Da questo momento in poi, infatti, le giornate cominciavano nuovamente ad allungarsi e, sebbene con l'attuale calendario ci sia uno slittamento di circa 10 giorni, la data è tuttora posta in relazione alla celebrazione della luce. Nei paesi scandinavi ad esempio, dove la ricorrenza è molto sentita, suggestive processioni notturne vedono ragazze vestite di bianco, con in testa una corona di candele accese, a simboleggiare la vittoria della luce sulle tenebre. E' probabile che la festa cristiana si sia sostituita alle celebrazioni pagane legate al ritorno del sole e della luce dopo il solstizio d'inverno. D'altronde è innegabile il riferimento alla luce nell'etimologia stessa del nome Lucia, che deriva dal latino lux, lucis. Secondo le fonti antiche, Lucia nacque a Siracusa alla fine del III secolo da una nobile famiglia. Nonostante fosse stata promessa sposa, la decisione della giovane di dedicare la sua vita a Dio fece scatenare

Il Museo Hendrik Christian Andersen a Roma

Il Museo Hendrik Christian Andersen è uno straordinario esempio di casa atelier di un artista scultore della prima metà del Novecento. E’ un luogo appartato, lontano dai grandi flussi di visitatori, ma ricco di fascino e suggestione. Aperto al pubblico nel 1999, è ospitato nell’edificio progettato dallo stesso Andersen tra il 1922 e il 1925 e donato allo Stato italiano, insieme a tutto quanto in esso contenuto (opere, arredi, carte d'archivio, materiale fotografico, libri) alla sua morte nel 1940. La struttura, che adotta la tipologia della "palazzina con annesso studio di scultura",  si inserisce con gusto e armonia nella rete urbanistica della zona di nuova espansione edilizia, vicino al Tevere e subito fuori Porta del Popolo. Il villino, dedicato all’adorata madre Helene, all’esterno rispecchia  le scelte artistiche del proprietario che, in uno stile tra il Neorinascimentale e il Liberty, alterna stucchi e sculture a tutto tondo a decorazioni pittoriche di gusto floreale. L’interno invece, in modo razionale, suddivide la parte privata, nei piani superiori, dai due grandi atelier al piano terra: la galleria, o sala di rappresentanza per l’esposizione delle opere finite, e lo studio, o laboratorio per la modellazione delle forme; questi ambienti costituiscono il suggestivo scenario nel quale

Hierusalem a Roma, la basilica di Santa Croce in Gerusalemme

Nella settimana che precede la Pasqua vi voglio idealmente portare in un luogo che, più di ogni altro a Roma, rievoca questo particolare momento dell'anno: la basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Fondata dall'Augusta Elena, madre dell'imperatore Costantino, la basilica venne pensata fin dall'origine come memoria fisica della città santa di Gerusalemme, luogo della Passione, della Sepoltura e della Resurrezione di Cristo. Secondo la tradizione, seguendo la narrazione dello storico Eusebio, intorno al 327 Elena fece un pellegrinaggio in Terra Santa, dal quale riportò a Roma alcune importanti reliquie. Modificando alcune parti del Palatium Sessorianum, edificio preesistente di proprietà imperiale dove aveva stabilito la sua residenza, Elena volle dare vita ad un santuario devozionale commemorativo, citato nelle fonti come Basilica Heleniana, o come Hierusalem. L'ampio atrio monumentale del palazzo imperiale, di forma quadrangolare, divenne così il vano basilicale, mentre un ambiente retrostante, l'attuale cappella di Sant'Elena, accolse molto probabilmente le preziose reliquie della Passione di Cristo. In relazione con questo spazio, recenti scavi archeologici hanno portato alla luce i resti di una vasca battesimale coeva. Ciò avvalora l'ipotesi che il complesso non sia stato creato come chiesa palatina, edificio privato ad uso esclusivo della famiglia imperiale, ma piuttosto come  luogo di

Italia-Giappone: 150 anni di amicizia

Hokusai, Monte Fuji Il 25 agosto 1866 Italia e Giappone firmavano il Trattato di amicizia e di commercio che auspicava “pace perpetua ed amicizia costante tra Sua maestà il Re d’Italia e Sua maestà il Taicoun, i loro eredi e successori” e tra i rispettivi popoli, “senza eccezione di luogo o persona”. L’augurio, formulato nel primo articolo dell’accordo, è diventato realtà: nei 150 anni trascorsi dalla firma del trattato, le relazioni tra Italia e Giappone sono state costantemente amichevoli. Per celebrare i 150 anni di amicizia con l’Italia, un secolo e mezzo dopo il primo Trattato di amicizia e commercio con il nostro Paese, siglato il 25 agosto 1886, iterArte Roma organizza un viaggio alla scoperta dei luoghi più significativi del Giappone, parola i cui ideogrammi significano “Origine del sole”. Durante il viaggio, dal titolo “Giappone. Le tradizioni e i rituali nella terra dei samurai”, visiteremo il paese dal 9 al 19 aprile 2016, nel periodo di fioritura dei fiori del ciliegio e ammireremo luoghi celebri e meno conosciuti di una nazione modernissima ma con caratteristiche ancestrali, che si sostanziano nel legame spirituale con la natura e nel rapporto con gli antenati e la tradizione. In occasione della celebrazione

Roma. La civiltà dell’acqua

Son io, quel che tu vedi con piena corrente premer le rive e fendere i campi pingui, il Tevere, fiume ceruleo, gratissimo al cielo. Qui nascerà la mia grande dimora, capo di eccelse città. Virgilio, Eneide, libro VIII Chiunque visiti Roma rimane colpito dai numerosi monumenti e dalle imponenti opere idrauliche che, connesse alla grande quantità di acqua presente nel territorio, caratterizzano da sempre il tessuto urbano e suburbano della città. La nascita e lo sviluppo di Roma, che nei secoli divenne la dominatrice incontrastata del Mediterraneo, è infatti legata alla sua felice posizione geografica, a diretto contatto con il fiume Tevere, nei pressi di località ricche di sorgenti naturali e in comunicazione con il vicino mare. Le popolazioni arcaiche che sin dalla prima età del ferro si insediarono nell’area, fondarono i loro villaggi sui colli presso la riva sinistra del Tevere all’altezza dell’isola Tiberina. Questa, facilitando l’attraversamento del fiume, rendeva possibile il collegamento fra l’Etruria e la Campania. Proprio alle pendici del colle Palatino, in seguito allo straripamento del fiume, si incagliò la cesta con i gemelli Romolo e Remo che nell’VIII secolo a.C., secondo la leggenda, fondarono Roma. Nei secoli successivi furono avviati importanti lavori che, manifestando la

Il Museo Hendrik Christian Andersen a Roma

Il Museo Hendrik Christian Andersen è uno straordinario esempio di casa atelier di un artista scultore della prima metà del Novecento. E’ un luogo appartato, lontano dai grandi flussi di visitatori, ma ricco di fascino e suggestione. Aperto al pubblico nel 1999, è ospitato nell’edificio progettato dallo stesso Andersen tra il 1922 e il 1925 e donato allo Stato italiano, insieme a tutto quanto in esso contenuto (opere, arredi, carte d'archivio, materiale fotografico, libri) alla sua morte nel 1940. La struttura, che adotta la tipologia della "palazzina con annesso studio di scultura",  si inserisce con gusto e armonia nella rete urbanistica della zona di nuova espansione edilizia, vicino al Tevere e subito fuori Porta del Popolo. Il villino, dedicato all’adorata madre Helene, all’esterno rispecchia  le scelte artistiche del proprietario che, in uno stile tra il Neorinascimentale e il Liberty, alterna stucchi e sculture a tutto tondo a decorazioni pittoriche di gusto floreale. L’interno invece, in modo razionale, suddivide la parte privata, nei piani superiori, dai due grandi atelier al piano terra: la galleria, o sala di rappresentanza per l’esposizione delle opere finite, e lo studio, o laboratorio per la modellazione delle forme; questi ambienti costituiscono il suggestivo scenario nel quale

Roma nel Quattrocento

Dopo il lungo trasferimento della corte pontificia ad Avignone, in Francia, nel 1377 Roma tornò finalmente a essere sede del papato. Ma solo qualche decennio più tardi, con l’elezione di un papa romano, Oddone Colonna, eletto nel 1417 con il nome di Martino V, la città tornò a essere la residenza, privilegiata e sicura, del pontefice e della sua corte. Problemi di diversa natura, ma intrecciati tra loro, si ponevano con urgenza a Martino V, in particolare la ricostituzione dello Stato pontificio, i rapporti con le potenze straniere, la riforma ecclesiale, la ridefinizione dei tributi ecclesiastici, la riorganizzazione degli uffici di Curia. Per il rafforzamento dello Stato pontificio il pontefice si dedicò al ristabilimento di ordine e pace nelle turbolente campagne romane e dall’altro nella sistemazione urbanistica ed edilizia della città, per la quale ordinò il restauro di numerose basiliche, tra le quali San Giovanni in Laterano, e dei ponti che attraversavano il Tevere. Nonostante Martino V avesse compreso quanto l’assetto urbanistico della città papale fosse importante per l’affermazione del proprio potere, la situazione viaria ed edilizia appariva però fortemente degradata. Uno storico seicentesco, al riguardo, scrisse che nel 1420 il nuovo papa «ritrovò la città così rovinata, che non haveva