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I termini e i simboli della tradizione ebraica

Sèfer Tōrāh Con il termine Sefer Tōrāh (ebraico ספר תורה, pl. sefarim: libri) si identificano i rotoli su cui viene trascritta la Tōrāh. I Sefarim vengono solitamente custoditi all'interno dell'Haron HaKodesh, un particolare armadio che si trova in tutte le sinagoghe. Torah è un termine biblico che designa la dottrina impartita dai genitori ai figli, dai saggi agli ignoranti, dal sacerdote e dal maestro al popolo e da Dio agli uomini mediante i profeti. La dottrina religiosa che secondo la Bibbia fu impartita da Mosè al popolo d’Israele, si raccoglie nel Pentateuco, chiamato appunto dagli Ebrei Tōrāh, e più specificamente la Tōrāh scritta, per distinguerla dalla Tōrāh orale, che indica la tradizione rabbinica di interpretazione del testo sacro.I cinque libri della Torah sono suddivisi in 54 parashòt (plurale di parashà), una per ogni Shabbat dell'anno. Il Sèfer è un rotolo di pergamena scritto dal Sofèr utilizzando una penna d'oca e un inchiostro purissimo, la cui ricetta per la preparazione è antichissima. Il Sofer scrive anche le meghillòt, le mezuzòt e i tefillìn. La lettura pubblica del Sefer Torah avviene in presenza di almeno dieci Ebrei adulti (devono aver compiuto almeno tredici anni). Ogni capitolo viene anticipato nelle mattine del lunedì e del

Il Mosaico del Grifo nella Cattedrale di Bitonto

Il bellissimo mosaico pavimentale è collocato all'interno di un poderoso corpo di fabbrica a pianta quadrata, forse una torre, antistante la facciata della cattedrale stessa, dedicata a Santa Maria Assunta. Veduta del mosaico durante gli scavi degli anni 1991-1999 L’opera, riscoperta tra il 1991 e il 1999, si conserva in ottimo stato e rivela una notevolissima qualità tecnica e stilistica riferibili alla metà dell’XI secolo. Le tessere sono costituite da pietre calcaree di colore bianco, rosso, grigio-nero e da marmi colorati tra cui predomina il giallo antico. La tecnica è quella dell’opus sectile alternato all’opus tesselatum. Il grande pannello quadrangolare raffigura un grifo alato, con un fiore pendente dal grande becco ricurvo, iscritto in una cornice circolare decorata con palmette di colore bianco su un fondo alternato di colore grigio-nero e rosso. A questo cerchio sono collegati da un nastro sottile quattro cerchi minori che ospitano rispettivamente due uccelli, una pianta e un fiore a quattro petali. La cornice circolare è a sua volta iscritta in una cornice di croci correnti di colore bianco, rosso e nero. Il mitico mostro, nato dalla fusione dei due animali regali per eccellenza, il leone che regna sulla terra e l’aquila dominatrice

Cleopatra. Roma e l’incantesimo dell’Egitto

Chiostro del Bramante Dal 12 ottobre 2013 al 2 febbraio 2014 La mostra è suddivisa in nove sezioni: Cleopatra. L'ultima regina d'Egitto; La terra del Nilo; I sovrani ellenistici; Gli dei e il sacro nell'Egitto tolemaico; Le arti; I protagonisti, le vicende; Cleopatra e Roma. L'Egittomania; Nuovi culti a Roma; Roma conquistata: i nuovi faraoni. Nella prima sala, ad apertura del percorso, è la magnifica Testa ritratto di regina tolemaica, probabilmente la stessa Cleopatra, datata alla seconda metà del I secolo a.C. e proveniente dai Musei Capitolini di Roma. Dopodiché si proseguirà con una sezione altamente suggestiva, dedicata allʼaffascinante ambiente fluviale del Nilo, che lascerà non solo gli adulti, ma anche i bambini, a bocca aperta: rari e finissimi mosaici e antichi brani pittorici ad affresco mostrano una straordinaria popolazione di ambiente acquatico – tra cui ippopotami, coccodrilli, rane, anatre selvatiche e ibis, insieme a fiori di loto, cespugli di papiro e pesci dʼogni genere – descrivendo lʼincredibile fertilità di quel fiume, unica nel suo genere. Scena nilotica, 55-79 d.C., affresco da Pompei, Casa del Medico ora al Museo Archeologico Nazionale di Napoli Diverse opere testimoniano il forte ascendente che il mondo “esotico” delle sponde del Nilo ha

Palazzo Falconieri in Via Giulia a Roma

Visita guidata martedì 15 ottobre 2013 Il palazzo, oggi sede dell’Accademia d’Ungheria, sorge sui resti di un antico porto fluviale, posto sulla riva sinistra del Tevere. Distrutto, molto probabilmente in seguito alla sistemazione urbanistica voluta da Giulio II all’inizio del XVI secolo, il porto è oggi parzialmente conservato nei sotterranei dell’edificio. La strada sulla quale il palazzo si affaccia, tra le più belle ed eleganti di Roma, prende il nome dal pontefice che, dal 1508, decise di trasformare la medievale e scomoda via magistralis, in una nuova arteria in grado di collegare Ponte Sisto con il Ponte degli Angeli. Prospetto su via Giulia La strada doveva essere destinata ai negozia, cioè agli affari; intorno ad essa si sarebbero di conseguenza radunati i palazzi del potere, gravitanti verso San Pietro, nuovo polo, oltre il Tevere, della città papale. La realizzazione del progetto di costruzione della Strada Giulia, fu affidato a Donato Bramante, con l’incarico di “indirizzare” la via, vale a dire di disegnarla come un lungo rettilineo, sul quale edificare per primo il grandioso palazzo dei tribunali. In seguito a questo progetto, moti altri edifici sorsero sulla strada e, tra questi, il palazzo, posto al “principio” di via

Visita guidata alla Necropoli ostiense

Martedì 1 ottobre ore 10,30 Il sepolcreto si trova all’incrocio tra via Ostiense e via delle Sette Chiese, nei pressi della basilica di San Paolo. E’ celebre  per la presenza della tomba dell’apostolo Paolo, ma riveste grande importanza anche perché testimonia il graduale passaggio dal rito dell’incinerazione a quello dell’inumazione, avvenuto tra il II e il III secolo d.C. Il sepolcreto, che copre un arco cronologico compreso tra il II secolo a.C. e il IV secolo d.C., si sviluppa su tre ripiani principali: alle tombe più antiche, costituite da una cella in blocchi squadrati di tufo, si sovrapposero in epoca imperiale tombe in laterizio ed un colombario. Nell’area compresa tra la Rupe di San Paolo e l’ansa del Tevere, si addensava una grande necropoli le cui tombe si disponevano lungo la via Ostiense, attorno alla quale si articolò la prima area di culto e la successiva basilica paleocristiana. La Basilica di San Paolo fuori le mura, oggi al centro di un’area urbanizzata a circa 2 km dalle Mura di Aureliano, sorgeva nell’antichità in una vasta pianura alluvionale sulle rive del Tevere attraversata dalla via Ostiense, il cui percorso fino a questo punto coincideva con quello ricalcato dalla via moderna. Gran

Visita guidata al Complesso di San Sebastiano

Sabato 5 ottobre ore 10,15 Catacombe e Chiesa di San Sebastiano sulla Via Appia Le catacombe, estese su quattro livelli, sorgevano in un profondo avvallamento, usato come cava di pozzolana e detto ad catacumbas. Il toponimo "catacomba" è stato poi esteso ad indicare direttamente i cimiteri sotterranei cristiani. Il complesso era anche noto come Memoria Apostolorum, perché vi si veneravano gli apostoli Pietro e Paolo. Memoria Apostolorum Fin dal I secolo d.C. il sito è stato intensamente sfruttato ed edificato. Le gallerie per l'estrazione della pozzolana furono infatti riutilizzate per collocarvi sepolture a loculo, sia pagane, sia cristiane; furono costruiti diversi colombari ed almeno due edifici residenziali detti la "villa grande" e la "villa piccola", con notevoli decorazioni pittoriche parietali. Intorno alla metà del II secolo la zona delle cave venne interrata per innalzarvi al di sopra tre mausolei, di Clodius Hermes, degli Innocentiores e dell'Ascia, nei quali furono sepolti alla prima metà del III secolo alcuni cristiani. Il primo di questi mausolei è detto di Marcus Clodius Hermes dal nome del proprietario iscritto sulle pareti ed è decorato esternamente e internamente con pitture; una testa di Gorgone decora la volta. Il secondo è chiamato degli Innocentiores e presenta due camere

Ricostruzione virtuale della Basilica di Aquileia in epoca costantiniana

Visibile sul sito della Fondazione Aquileia e su Youtube il video della ricostruzione virtuale della Basilica di Aquileia in epoca costantiniana realizzata da Altair4 per la Fondazione Aquileia grazie al contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e alla collaborazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici del FVG e dell’Arcidiocesi di Gorizia. Fino al 17 marzo 2013, inoltre, il video sarà anche tra i protagonisti della grande mostra, progettata e ideata dal Museo Diocesano di Milano e curata da Gemma Sena Chiesa e Paolo Biscottini, che celebra a Palazzo Reale di Milano l’anniversario dell’emanazione dell’Editto di Costantino nel 313 d.C. «Il lavoro di ricostruzione virtuale del complesso teodoriano – sottolinea il presidente della Fondazione Aquileia Alviano Scarel - rappresenta una delle modalità che le nuove tecnologie ci offrono per far capire meglio, alle centinaia di migliaia di visitatori che ogni anno raggiungono Aquileia, come si presentavano i grandi edifici della città antica. Una necessità assoluta: il più importante sito archeologico dell’alta Italia deve non solo essere indagato con gli scavi e conservato con i necessari restauri ma anche presentarsi come elemento attivo e virtuoso nella diffusione della cultura, mostrarsi in grado di trasmettere alla collettività la curiosità,