Il 13 dicembre, santa Lucia, secondo l’antico proverbio è il giorno più corto che ci sia. La memoria della giovane martire di Siracusa, morta nel 304, viene così associata a questo giorno particolare in cui, secondo il calendario giuliano – sostituito con quello gregoriano alla fine del 1500 -cadeva il solstizio d’inverno.

Da questo momento in poi, infatti, le giornate cominciavano nuovamente ad allungarsi e, sebbene con l’attuale calendario ci sia uno slittamento di circa 10 giorni, la data è tuttora posta in relazione alla celebrazione della luce.

Nei paesi scandinavi ad esempio, dove la ricorrenza è molto sentita, suggestive processioni notturne vedono ragazze vestite di bianco, con in testa una corona di candele accese, a simboleggiare la vittoria della luce sulle tenebre.

E’ probabile che la festa cristiana si sia sostituita alle celebrazioni pagane legate al ritorno del sole e della luce dopo il solstizio d’inverno. D’altronde è innegabile il riferimento alla luce nell’etimologia stessa del nome Lucia, che deriva dal latino lux, lucis.

Secondo le fonti antiche, Lucia nacque a Siracusa alla fine del III secolo da una nobile famiglia. Nonostante fosse stata promessa sposa, la decisione della giovane di dedicare la sua vita a Dio fece scatenare la rabbia del fidanzato che la denunciò al Governatore il quale, dopo spietate torture, la fece decapitare il 13 dicembre del 304, sotto l’impero di Diocleziano.

Il suo corpo fu sepolto nelle catacombe che ancora oggi portano il suo nome e dove, più tardi, venne edificata una chiesa chiamata Santa Lucia al Sepolcro. Da qui le spoglie nel 1040 vennero trasferite a Costantinopoli ma nel 1204 furono trafugare e portate a Venezia, dove si trovano tuttora.

  Il culto di Lucia si diffuse ben presto anche al di fuori della Sicilia. La sua figura è stata di grande ispirazione sia nella letteratura, da Dante, che le assegna un ruolo importante nella Divina Commedia ritenendola simbolo di Grazia Illuminante, a Garcia Lorca, che le dedica un poemetto, sia nell’arte.

A partire dal Medio Evo si definì l’iconografia che la vede come una giovane fanciulla riccamente abbigliata, con la palma del martirio in una mano e nell’altra una lampada accesa o, più di frequente, un piattino con gli occhi.

La santa infatti, per la relazione con la luce, è patrona della vista e degli occhi e, pur non essendo mai riportati nelle fonti antiche episodi del genere, la fantasia popolare ha arricchito le sue vicende agiografiche con l’invenzione di una tortura che riguardasse gli occhi, che le sarebbero stati strappati.

Diversi artisti hanno trattato vari momenti della sua vita fra cui Lorenzo Lotto, che in una scena concitata raffigura la santa davanti al Governatore, oppure Giambattista Tiepolo, che rappresenta il toccante momento dell’ultima Comunione prima della morte, mentre il caravaggesco Mario Minniti si sofferma sull’episodio del martirio.

   

Una delle immagini più suggestive e commoventi è senza dubbio quella ideata da Caravaggio nel 1608, durante il breve e travagliato soggiorno siracusano, per l’altare maggiore della chiesa di Santa Lucia al Sepolcro e raffigurante il Seppellimento di Santa Lucia.

Il soggetto, piuttosto inconsueto nell’iconografia della martire, si addice perfettamente al luogo dove, secondo la tradizione, sarebbe avvenuta la sua sepoltura.

Con una lettura tanto innovativa quanto poetica, Caravaggio ambienta la scena in un ampio spazio, monumentale ma spoglio, ispirato probabilmente alle celebri latomie siracusane dette Orecchio di Dionigi, che il pittore certamente visitò.

Attento, come sempre, a cogliere l’attimo sospeso, Caravaggio ci restituisce l’istante in cui il vescovo, in un periodo di feroci persecuzioni religiose, benedice frettolosamente la salma, incalzato dal soldato con l’armatura.

Una piccola folla assiste, dolente e muta, mentre in primo piano i due giganteschi becchini convergono verso il corpo fortemente scorciato della santa, riversa sulla nuda terra, il cui volto dai toni lividi è meravigliosamente esaltato da effetti di luce radente che indugiano drammaticamente sulla ferita sul collo.

 

La luce dunque, vera protagonista dell’arte di Caravaggio, restituisce in questo contesto il significato più pregnante del nome di Lucia come promessa di luce spirituale, come lume della Grazia divina.

Fiorenza Rausa

 

 

 

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