Dopo il lungo trasferimento della corte pontificia ad Avignone, in Francia, nel 1377 Roma tornò finalmente a essere sede del papato.
Ma solo qualche decennio più tardi, con l’elezione di un papa romano, Oddone Colonna, eletto nel 1417 con il nome di Martino V, la città tornò a essere la residenza, privilegiata e sicura, del pontefice e della sua corte.
Problemi di diversa natura, ma intrecciati tra loro, si ponevano con urgenza a Martino V, in particolare la ricostituzione dello Stato pontificio, i rapporti con le potenze straniere, la riforma ecclesiale, la ridefinizione dei tributi ecclesiastici, la riorganizzazione degli uffici di Curia.
Per il rafforzamento dello Stato pontificio il pontefice si dedicò al ristabilimento di ordine e pace nelle turbolente campagne romane e dall’altro nella sistemazione urbanistica ed edilizia della città, per la quale ordinò il restauro di numerose basiliche, tra le quali San Giovanni in Laterano, e dei ponti che attraversavano il Tevere.
Nonostante Martino V avesse compreso quanto l’assetto urbanistico della città papale fosse importante per l’affermazione del proprio potere, la situazione viaria ed edilizia appariva però fortemente degradata.
Uno storico seicentesco, al riguardo, scrisse che nel 1420 il nuovo papa «ritrovò la città così rovinata, che non haveva più aspetto di città ma di un deserto più tosto. Si vedevano le case andare in rovina, già ruinate le Chiese, abbandonate le contrade, le strade fangose
Si deve a Pietro Del Massaio una delle prime immagini di Roma, realizzata intorno al 1472. Il cartografo fiorentino raffigurò la città in una schematica ma significativa miniatura nella quale si limitò a inserire solo gli edifici principali della città. L’orientamento risulta così capovolto, con il nord in basso e il Vaticano a destra, secondo una consuetudine rappresentativa che si riferisce ancora a modelli iconografici trecenteschi.
La veduta di Roma appare nell’insieme come una sorta di simbolica vetrina nella quale sono collocate tutte le più significative architetture antiche: dal Colosseo alla Colonna Traiana, dal Pantheon alla Torre delle Milizie, dalle Terme di Diocleziano alla Piramide Cestia, dalla Meta Romuli alle Mura Aureliane, a Ponte Milvio. A esse si sommano le grandi basiliche paleocristiane e medioevali quali Santa Croce, Santa Maria Maggiore e San Giovanni in Laterano, mentre pochissimi sono gli accenni alle novità quattrocentesche, a conferma della lentezza con la quale procedettero i lavori di trasformazione del tessuto edilizio.
A Roma infatti invece di realizzare nuove costruzioni, si preferì riadattare, ampliare e modificare gli edifici preesistenti, spesso maestosi e ricchi di preziosi apparati decorativi. Così, ad esempio, il Mausoleo di Adriano fu definitivamente trasformato in Castel Sant’Angelo mentre in Campidoglio fu iniziata la ristrutturazione di Palazzo dei Conservatori, sede fin dal medioevo dell’omonima magistratura comunale.
Papa Martino V, infine, iniziò la costruzione del nuovo palazzo di famiglia, Palazzo Colonna, seguito da molti dei cardinali della curia che in breve tempo fecero anche’essi innalzare i loro monumentali palazzi nobiliari. Insieme ai prelati, anche i nobili e i potenti residenti a Roma, diedero inizio a una sorta di gara per realizzare l’edificio più sfarzoso, «talche parea, c’havesse la città in parte rihavuto il suo antico splendore».
Ma solo con papa Niccolò V (1447-1455) che, seguendo le sue naturali inclinazioni, scelse di usare le rendite del giubileo per ricostruire Roma e per rifondare la cultura, il riassetto della città ebbe un nuovo e più vigoroso impulso, grazie anzitutto agli interventi in San Pietro e all’avvio della costruzione di quella cittadella vaticana che, a partire dal secolo successivo, rivoluzionerà definitivamente il volto della città, ponendola all’avanguardia dell’urbanistica non solo italiana, ma addirittura europea.
Redazione iterArte Roma